Trombosi neonatale: la parola ai medici del RITI  

BAMBINI E TROBOSI
Trombosi neonatale: la parola ai medici del RITI  

Le malattie da Trombosi, meglio conosciute come Infarto, Ictus cerebrale, Embolia polmonare, Trombosi delle vene e delle arterie, colpiscono il doppio dei tumori, sono l’evento più probabile dopo i 65 anni e colpiscono anche i giovani e i bambini, persino i neonati. ALT, in occasione dell’11 Giornata Nazionale per Lotta alla Trombosi, ha voluto approfondire questa relazione ancora troppo sconosciuta intervistando i medici ricercatori iscritti al R.I.T.I che ogni giorno si dedicano alla salute dei piccoli pazienti.

CON CHE INCIDENZA SI MANIFESTANO LE TROMBOSI NEL NEONATO? E LE RECIDIVE?

L’incidenza delle trombosi nel neonato – dichiara la Dottoressa Laura Ilardi Neonatologa S.C. Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano e Membro del Consiglio Direttivo Gruppo Italiano per il Registro delle Trombosi Infantili (GIRTI ODV) – è di 24 su 10.000 ricoverati e lo stroke perinatale interessa 1/1600-3000 nati. Le cause di trombosi neonatali – continua la dottoressa – sono molteplici, alcune delle quali posso avere origine in epoca prenatale. Le probabilità di un evento tromboembolico in età neonatale aumentano quando si determina la concomitanza di più fattori, che possono essere ereditari o acquisiti. Tra i fattori ereditari si distinguono i difetti di alcuni fattori della coagulazione, alcuni dei quali pro-coagulanti e altri anti-coagulanti. Tra i fattori acquisiti, alcuni sono dovuti a condizioni materne presenti in gravidanza (come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi o il diabete materno), altri a condizioni patologiche del periodo perinatale che includono la trasfusione feto-fetale, l’asfissia perinatale, la policitemia, la disidratazione e altre condizioni tipiche delle prime ore di vita. Certamente il fattore acquisito più frequente è la presenza di un catetere vascolare.

DOTTORESSA, COME SI CURA LA TROMBOSI NEI NEONATI?

La terapia mirata della trombosi neonatale include la terapia trombolitica, la terapia anticoagulante, la terapia antiaggregante e il trattamento chirurgico nei casi in cui è indicato, senza considerare la necessaria terapia di supporto, specie nei pazienti più critici”.

È POSSIBILE PREVENIRE GLI EVENTI TROMBOTICI INFANTILI E QUALE È LA PROGNOSI?

Non è possibile prevenire un evento trombotico ma si può ridurre il rischio che l’evento si verifichi, quando si conoscono le condizioni favorenti, per esempio di fronte a condizioni genetiche ereditarie o condizioni cliniche tipicamente associate a trombosi come la presenza di un catetere vascolare.

La prognosi dell’evento trombotico – ci spiega la dottoressa Ilardi – dipende dalla sede della trombosi (cerebrale o sistemica), dalle dimensioni del vaso occluso e dal danno che i tessuti hanno al momento della diagnosi”.

C’È UNA CORRELAZIONE TRA GENETICA E TROMBOSI NEI BAMBINI?

Certamente la genetica può influenzare la predisposizione alla trombosi – dichiara la dottoressa Ilardi-  Esistono infatti difetti ereditari dei fattori pro-coagulanti (es: fattore V Leiden, iperomocisteinemia, la mutazione dell’MTHFR, alterazioni quantitative dei fattori II, VIII, IX e XII) ed anche di fattori anticoagulanti (es: deficit di proteina C, deficit di proteina S, deficit di antitrombina, deficit di cofattore eparinico II). Ma sono state identificate anche diverse alterazioni geniche ereditarie che si manifestano con stroke ischemici arteriosi ricorrenti”.

COME VIENE EFFETTUATA LA DIAGNOSI DI TROMBOSI IN UN NEONATO?

Se la presentazione clinica fa sospettare una trombosi, la diagnosi strumentale viene posta mediante visualizzazione del trombo attraverso diverse tecniche in base alla sede anatomica da studiare: ecografia color-doppler, ecocardiografia, angio-tomografia computerizzata, angio-risonanza magnetica nucleare. Il “gold standard” è l’angiografia, meno impiegata in epoca neonatale per i maggiori rischi a cui espone rispetto alle altre epoche della vita ma, talvolta, necessaria quando il sospetto è forte e l’eco-color-doppler non risolve il dubbio. A questi vengono associati esami ematici di primo livello per lo studio della coagulazione (PT, aPTT, fibrinogeno, D-dimero, attività dell’antitrombina, attività di proteina C ed S) e la conta delle piastrine che può essere fatto con un emocromo di routine. Indagini più specifiche della coagulazione non sempre sono conclusive in epoca neonatale, ma devono essere ripetute in epoche successive della vita per confermare il risultato”.

DOTTORESSA, QUALI CURE E RISCHI SONO CORRELATI AD UN EVENTO TROMBOTICO?

A causa dell’alto rischio di emorragia, la terapia trombolitica (urokinasi, rt-PA) è indicata quando è a rischio un arto, un organo o la vita stessa del neonato e la decisione di intraprendere questa terapia deve essere presa tempestivamente, da un team multidisciplinare.

In molti casi si sceglie la terapia anticoagulante (quella con eparina, per intenderci), i cui rischi sono l’emorragia, pur con incidenza inferiore rispetto alla terapia trombolitica, e la trombocitopenia indotta da eparina (HIT).

In caso di sanguinamento indotto dalla terapia eparinica esiste un antidoto: la protamina. La HIT, invece, è una complicanza su base autoimmunitaria che si manifesta dopo circa 5-15 giorni di terapia e che determina una riduzione della conta piastrinica le cui conseguenze possono essere anche gravi. La sua incidenza è stimata circa del 2.3% in epoca pediatrica ma non è nota in epoca neonatale”.

QUANTO UN EVENTO TROMBOTICO PUÒ INCIDERE SULLO STATO DI SALUTE FUTURO?

“La prognosi a lungo termine è determinata dall’entità del danno residuo dopo la risoluzione dell’evento trombotico. Se l’evento ha coinvolto gli arti, questo può avere determinato danni fino a rendere necessaria l’amputazione di quell’arto; l’asportazione della porzione necrotica sarà più o meno destruente e invalidante in relazione all’estensione del trombo e al tempo impiegato a ripristinare la vascolarizzazione dell’arto.

I trombi del letto vascolare cerebrale possono determinare un danno della corteccia cerebrale così come della sostanza bianca e la disabilità residuata sarà correlata alla sede e all’estensione del territorio ischemico. 

Le trombosi sistemiche possono interessare tutti gli organi, se pur con diversa frequenza dei vari distretti, e le conseguenze sono legate alla funzionalità d’organo residuata.

In ultimo, non va dimenticata la sindrome post-trombotica (PTS), una grave complicanza a lungo termine della tromboembolia venosa, descritta in bambini che hanno presentato un evento trombotico venoso in epoca neonatale; questa complicanza è causata dalla insufficienza delle valvole delle vene perforanti che si manifesta con edema, porpora, dermatite eczematosa, prurito, ulcere e/o cellulite”.

LA PREDISPOSIZIONE TROMBOFILICA DI UNO DEI GENITORI QUANTO INCIDE IN UN EVENTO TROMBOTICO NEL NEONATO? IN QUESTO CASO COME SI PUÒ PROTEGGERE UN NEONATO O UN BAMBINO PER PREVENIRE UNA TROMBOSI? “Certamente l’ereditarietà genetica della trombofilia influenza il rischio di una trombosi in età infantile, ma non è possibile stabilire esattamente la percentuale di rischio né può essere considerato come fattore di rischio isolato. Nel momento in cui è nota una predisposizione genetica, si può cercare di agire per ridurre eventuali circostanze che potrebbero contribuire a favorire la genesi di una trombosi: per esempio si può mantenere una buona idratazione o evitare, quando possibile, il posizionamento di catetere

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